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Il Guru italiano dei cibi fermentati.

Aggiornamento: 29 feb 2020

Qualcuno una volta ha detto “il benessere arriva da dentro”, e mai come in questo caso affermazione fu più vera. 


Kefir, Kimchi, Miso, Kombucha… CIBI FERMENTATI, sempre più noti al pubblico, sono anticamente e culturalmente riconosciuti come toccasana per il nostro intestino, poiché grazie proprio ai microrganismi e ai batteri che vengono impiegati e si sviluppano durante il processo di fermentazione, riusciamo a riequilibrare la nostra flora batterica.


E si sa, se il nostro intestino sta bene e funziona, noi stiamo bene di conseguenza. E in più sono buonissimi!


In Italia, se si parla di fermentazioni si pensa subito ad un nome, Carlo Nesler. Con questa intervista, vi svelo chi è e cosa fa.


Carlo Nesler, il mago delle fermentazioni! Ma com’è cominciato tutto? Voluto o per caso?

E’ nato tutto quando ero una ragazzino, dalla mia curiosità di comprendere i processi chimici e biologici legati alle bevande alcoliche. Nessuno però riusciva a darmi una spiegazione e quindi ho cominciato a studiare su testi universitari, su manuali di contadini e ho cominciato a sperimentare. Già abituato fin da bambino a preparare lo yogurt in casa, passare da quello al kefir, o ai crauti o al pane è stato un processo naturale. Solo dopo molti anni, durante un corso di studi di permacultura, quando Saviana Parodi spiegò l’importanza della fermentazione da un punto di vista ambientale, di sostenibilità energetica e di salute, mi sono reso conto di avere un bagaglio culturale da poter condividere con gli altri e questo mi ha spronato a riprendere in mano il mio primo amore giovanile.


Quali sono state le tue fonti di studio sulle fermentazioni?

Le mie prime informazioni sono stati i libri sulla produzione della birra, sull’ enologia ed alcuni testi antichi di cucina dove sporadicamente si potevano trovare informazioni rispetto alle fermentazioni. Poi ho sperimentato tanto da solo, impiegando quasi 10 anni nel comprendere tecniche e processi. Oggi, sconsiglio vivamente questo genere di approccio, specie se si ha un professionista a disposizione che possa insegnare in modo corretto le giuste pratiche di produzione, in modo da non incorrere in errori e tagliare decisamente i tempi di apprendimento.


Da Bolzano alla Tuscia…come mai?

In realtà quando sono arrivato nella Tuscia erano già più di 10 anni che non vivevo più a Bolzano. Inizialmente ero a Roma, da lì mi sono spostato in Sabina con il sogno di poter creare un progetto di permeacultura. Purtroppo però mi sono reso presto conto che non c’erano i giusti presupposti in quel territorio e un po’ per caso e un po’ per conoscenze, sono finito nella Tuscia dove invece ho trovato quello che cercavo. Delle realtà contadine che rispettano il più possibile la terra, un’agricoltura sociale, una rete di persone che nel loro piccolo cercano di fare del bene al pianeta, già solo riducendo o eliminando del tutto l’inquinamento agricolo. Questo mondo mi ha affascinato e mi ha convinto ad aprire la mia Cibofficina, che altro non fa che trasformare e mantenere nel modo più rispettoso possibile una materia prima eccezionale.


Il primo approccio nella divulgazione delle tue conoscenze è iniziato con gli chef, specialmente stellati, pensi sia stato anche questo un motivo di interesse da parte di un pubblico più ampio?

In realtà quando la prima volta uno Chef stellato si è interessato a me e alla formazione sulle fermentazioni, avevo già esperienza di insegnamento a privati. La mia prima collaborazione è stata con lo chef Norbert Niederkofler (Rist. St. Hubertus 3*Michelin), che sicuramente mi ha dato una grande soddisfazione e l’opportunità di entrare in un mondo a me poco conosciuto quello dell’alta cucina, dove non spesso si parla di cibo in termini di sostenibilità e di salute. Adesso i due mondi si stanno sempre più unendo, è finita la credenza che più un cibo è cattivo, più è sano. Falso! e loro lo dimostrano. I grandi chef, oltre a lavorare nella ricerca del piacere del palato, cucinano guardando alla salute dei loro clienti.


Insegni sia a professionisti che a privati, che tipo di soddisfazioni e spunti ti danno i due diversi scenari?

In generale la soddisfazione maggiore è conoscere persone nuove e condividere insieme la propria esperienza e la propria passione. Con i professionisti mi rende davvero felice vedere creare dei grandissimi piatti partendo dai miei prodotti, questo mi rende orgoglioso. Con i privati, mi riempie di gioia vedere sempre più persone dedite all’autoproduzione del proprio cibo, integrando nella vita quotidiana, pratiche antiche. In un certo senso un pezzettino di me è con loro, e mi fa sentire parte di un mondo più umano, sempre più vicino alla terra, che ci fa sentire connessi l’un l’altro.


Come lo vedi il futuro di questa antica tecnica, qui in Italia?

Stiamo vivendo un momento di transizione. Stanno tornando in auge le fermentazioni spontanee, nella produzione del vino come nella birra. Spero che questo movimento si stabilizzi, al di là delle mode. Sarebbe importante cercare un equilibrio con questo mondo microbiotico che oltre a regalarci salute, arricchisce di sensazioni organolettiche letteralmente uniche, ogni prodotto fermentato. Credo che nel giro di pochi anni sarà normale trovare nei piatti dei ristoranti, non esclusivamente dell’alta cucina, prodotti come crauti, kimchi e miso. Così come aumenterà il numero di persone che si diletteranno nella produzione propria, facendoli entrar a far parte della loro vita quotidiana. Sono ottimista!


E i tuoi progetti futuri?

Sicuramente il consolidamento della mia azienda con l’inserimento sul mercato di prodotti che sto già producendo. Prodotti non pastorizzati, interessanti anche da un punto di vista delle materie prime. Collaboro in qualità di consulente con piccole realtà che stanno cercando di creare nuovi laboratori di fermentazione per riuscire ad espandere i prodotti in tutta la penisola. Spero inoltre di continuare la collaborazione con grandi chef che sono sempre spunto di nuove creazioni.


Cibi fermentati, un nuovo modo di mangiare alla portata di tutti. Si alle autoproduzioni ma sempre a seguito di una adeguata formazione, per impedire i rischi che possono nascondersi dietro una conservazione “improvvisata” dei cibi.


Siete curiosi di assaggiare o imparare a produrre in casa i vostri cibi fermentati? Allora date uno sguardo ai corsi di Carlo e ai suoi prodotti.


Io personalmente ho avuto la fortuna di seguire un primo corso di fermentazione insieme a Carlo nel 2018.... e sono stata orgogliosissima dei miei primi crauti🤣


I miei primi Crauti fermentati

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